‘Protagoniste del futuro’ è il titolo della sezione del portale STEAMiamoci dedicata alle storie di donne che ‘stanno scrivendo l’avvenire del mondo tecnologico, scientifico ed imprenditoriale’. Qui riportiamo l’intervista ad Elena Francini, Quality Assurance Manager di Valpharma S.p.A.
Gentile Elena, dopo il liceo scientifico si è laureata in farmacia. Com’è giunta a questa scelta? E’ sempre stata portata per le materie STEM fin da piccola?
Sicuramente STEM ci sono nata, ho sempre avuto predisposizione per la logica, la razionalità, il calcolo, la lucidità e il processo di pensiero che mi ha portato in maniera quasi naturale e fisiologica a scegliere il liceo scientifico.
All’epoca non c’erano percorsi che supportavano i ragazzi e le ragazze nella scelta della scuola superiore e per fortuna io non ne ho avuto bisogno perché per me era già “scontato” intraprendere l’indirizzo scientifico.
Il mio primo amore (alle medie!) è stata la matematica che praticamente mi “mangiavo”, al liceo integrali funzioni e derivate erano un divertimento per me (non ricordo quanti compiti in classe abbia passato!). A fine liceo ero altrettanto sicura e decisa di proseguire all’università con un percorso ad indirizzo scientifico.
Non avevo le idee chiare su quale indirizzo scientifico intraprendere anche perché la curiosità non mi mancava per cui mi ero lasciata aperte tutte le possibilità in ambito scientifico.
La scelta di farmacia fu un po’ pilotata dai miei genitori, perché già progettavano il mio futuro in linea con le convenzioni/convinzioni sociali dell’epoca (parliamo di 25 anni fa) in cui la donna doveva diventare principalmente mamma, moglie e seguire in maniera esclusiva la famiglia, pertanto dal loro punto di vista, diventare farmacista e lavorare in farmacia si avvicinava più all’idea di “donna” dedicata alla famiglia che avevano pensato per me.
Sulla spinta di mio padre e di mia madre scelsi farmacia, che comunque è un percorso che ho amato e che mi ha dato la possibilità di intraprendere una professione stimolante e che mi appassiona come l’industria farmaceutica.
Dopo la laurea, ha iniziato a lavorare in farmacia, entrando poi in Valpharma dove oggi ricopre il ruolo di Quality Assurance Manager. Ci può raccontare il suo percorso lavorativo e di cosa si occupa ora nella sua posizione?
Il mio percorso lavorativo è iniziato in farmacia subito dopo la laurea per un paio di anni. Quell’impiego però non stimolava la mia predisposizione al ragionamento e alla logica. Penso che l’impiego del farmacista sia davvero sottovalutato e sottoutilizzato. Ricordo che mi chiamarono per un colloquio in Valpharma. Valpharma la conoscevo perché a San Marino è una azienda storica e nota, tutti la conoscono. Ho fatto il colloquio, ero molto giovane, capendo poco cosa mi aspettava in realtà ma non mi sono tirata indietro a una nuova esperienza stimolante. Ricordo che i miei genitori mi osteggiarono in questa scelta perché “per una donna lavorare in azienda era troppo impegnativo e non conciliabile con l’immagine di donna esclusivamente madre e dedicata alla famiglia”. Se oggi sono qui è perché scelsi io, con la mia testa, la mia strada.
Ho occupato da subito posizioni nell’ambito della Qualità come tecnico, ero molto operativa e la mia predisposizione a mettermi in gioco continuamente e ad accettare tutte le sfide che mi venivano proposte mi ha permesso di spaziare in tutti gli ambiti della Qualità del settore farmaceutico e crescere velocemente.
Dal 2019 ricopro il ruolo di Manager del reparto Assicurazione Qualità dello stabilimento di San Marino. Mi occupo della conformità dei processi produttivi e analitici di farmaci solidi orali ad uso umano interfacciandomi con le Autorità Regolatorie, AIFA come ente per l’Europa, ma anche Autorità extra-EU come quella Giapponese, Russa e Brasiliana. Con me lavora un team di ragazzi giovani e mi piace definirmi come il loro coach. La mia occupazione principale è farli crescere in questo settore sia da un punto delle competenze tecniche ma anche di crescita professionale sulle competenze trasversali.
E in tutto questo riesco ad essere anche mamma di uno splendido bambino di 9 anni, per cui tutto ciò che era “impensabile” per i miei genitori all’epoca, cioè che una donna non potesse essere contemporaneamente mamma e lavorare in azienda, è ormai stato sfatato!
Cosa ama di più nel suo lavoro? Ha qualche progetto per il futuro, un sogno nel cassetto?
Il mio lavoro mi appassiona e ne sono molto orgogliosa. E’ un lavoro ad impatto sociale molto alto perché ciò che facciamo e per cui ci impegniamo tutti i giorni quando entriamo in azienda al mattino ha come obiettivo la cura e il benessere di pazienti in terapia, donne, uomini, bambini, anziani.
Sogni nel cassetto ne ho molti, la progettualità non mi manca. Mi sono iscritta ad un Master il prossimo anno perché ho voglia di lavorare su me stessa e crescere in ambito manageriale. Questo ancora per dimostrare che si può fare altro oltre ad essere esclusivamente mamma!
Nella sua esperienza di studio o di lavoro, ha mai incontrato difficoltà in quanto donna?
Negli studi no, anzi, farmacia era un corso di laurea frequentato da tutte donne, ma penso che lo fosse proprio perché la professione di farmacista in farmacia si avvicinava di più all’idea comune di “donna” cioè poco impegnata professionalmente e più dedicata alla famiglia.
Nell’esperienza lavorativa purtroppo sì, non lo dico io, lo dicono i numeri ma in questi 20 anni di esperienza, specialmente negli ultimi anni, ho visto iniziare un cambiamento. Diciamo che più che cambiamento vero e proprio almeno se ne comincia a parlare di parità di genere ma il cambiamento culturale vero e profondo penso sia ancora lontano.
Riporto una esperienza recente: ho frequentato un corso in General Management e in classe o ero l’unica donna (quando sono entrata in aula mi hanno guardato come fossi un marziano o forse era il mio ingiustificato senso di imbarazzo a farmi leggere in questo modo gli sguardi), in altre aule al massimo eravamo 3 donne.
Secondo lei, nel nostro Paese esistono ancora barriere che impediscono alle ragazze di avvicinarsi agli studi STEM o alle giovani donne di fare carriera in queste professioni? Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose?
Barriere che impediscono alle ragazze di avvicinarsi o intraprendere studi STEM no, ma barriere che ne impediscono di far carriera ancora ci sono anche se sono barriere meno “strutturate” rispetto a tanti anni fa. Oggi si è cominciato a parlare di questi temi ma ancora barriere “sotterranee” ce ne sono.
C’è qualche consiglio che può dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?
Di credere in loro stesse e nelle loro capacità, di seguire i loro sogni e le loro inclinazioni.
Di realizzarsi professionalmente prediligendo la carriera nel settore in cui si sentono a proprio agio e che amano. Non c’è niente di più bello di poter fare un lavoro che si ama e che si porta avanti con passione e creatività. Che si può essere mamme, donne, mogli, professioniste, sportive nello stesso tempo e che non è vero che l’una esclude l’altra.
Di essere coraggiose, determinate e appassionate.